lunedì 20 maggio 2013

Infezioni ospedaliere: costano al SSN 8 milioni di euro l'anno

I dati elaborati da Marsh Italia sono relativi ad un lungo periodo di osservazione, dal 2004 al 2011. Più della metà dei sinistri denunciati (56,2%) è riferibile a prestazioni erogate in area chirurgica
Tenere alta la guardia sui contenziosi derivati da infezioni ospedaliere. Il monito, da una indagine condotta da Marsh Italia, società leader mondiale nella consulenza e gestione dei rischi.
Secondo i dati diffusi nello studio recentemente presentato a Milano, il costo di tale tipologia contenzioso è pari a circa il 4% del costo totale dei sinistri nella sanità pubblica e comporta in media un totale di risarcimenti annui pari a circa gli 8 milioni di euro, con circa 50mila euro di esborso per sinistro. Cifre a cui si aggiungono ovviamente i costi sociali legati al prolungamento della degenza.
Sul totale delle richieste di risarcimento danni raccolte dal 2004 al 2011 – il periodo di tempo preso in considerazione dall’indagine – le infezioni ospedaliere impattano per il 3,4% (1.177 su un totale di 34.920), registrando un incremento negli ultimi anni con ricadute importanti a livello della salute del paziente e della percezione della qualità delle cure.
Più della metà dei casi (56,2%) è riferibile a prestazioni erogate nell’area chirurgica. Il 30% delle infezioni ospedaliere denunciate è riferibile a Ortopedia e Traumatologia, il 15% a Chirurgia generale, circa il 7% è rilevato in Dea/Pronto Soccorso.
L'indagine Marsh porta alla luce un dato significativo: in 8 anni di osservazione, quasi il 60% delle richieste danni sono ancora aperte; il 23% è chiuso e circa il 18% è senza seguito. Il Nord totalizza il maggior numero di denunce per infezioni circa 18 sinistri l'anno), seguito dal Centro (10) e dal Sud (6), in linea con i dati relativi al totale dei sinistri.
Analizzando il dato per tipologia di struttura ospedaliera, infine, risultano maggiormente colpite le strutture specialistiche e universitarie con una media di 18 richieste di risarcimento l'anno, mentre gli ospedali monospecialistici materno-infantili sono i più virtuosi.

giovedì 16 maggio 2013

Facoltà a numero chiuso, ecco le nuove modalità di accesso



E’ utile anche il voto del diploma, meno domande nei test e graduatoria nazionale. Da oggi, il voto di diploma sarà utile anche per l’ammissione alle facoltà a numero chiuso programmato a livello nazionale: Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e Professioni Sanitarie.
Con un nuovo decreto, il Ministero introduce anche una serie di novità sulla composizione del test e sulla modalità di valutazione dello stesso.
Il voto del diploma contribuirà alla valutazione del test di ingresso con un peso non superiore al 10%, ma occorrerà conseguire la maturità con almeno 80 centesimi. Per comprendere la corrispondenza – diversa da istituto a istituto – tra voto del diploma e bonus aggiuntivo (4, 6, 8 o 10 punti) sul test di ammissione agli atenei si dovrà aspettare che il Ministero pubblichi, sul proprio sito, i relativi punteggi, entro il 31 maggio prossimo. Dal 23 luglio 2013, inoltre, le domande del test di ammissione calano a 60: cinque di cultura generale; 25 di ragionamento logico; 14 di biologia; otto di chimica e otto di fisica e matematica, ma diminuisce anche il tempo a disposizione: solo 90 minuti. Le risposte corrette varranno 1,5 punti e per ogni risposta errata è prevista una penalizzazione di 0,4. Dopo anni di ricorsi al Tar, poi, il Ministero opterà per la graduatoria nazionale: se uno studente non rientra nel numero dei posti previsto per l’ateneo in cui sostiene l’esame, ma con il suo punteggio rientra nel numero dei posti totali a livello nazionale “si prenota” per un posto in un altro ateneo.


Fonte IPASVI

venerdì 26 aprile 2013

Infermiere a tempo determinato per sostituzioni temporanee

Avviso per concorso pubblico a tempo determinato per Infermieri presso l'Ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù. Per ulteriori informazioni premere il link.

Concorso

lunedì 15 aprile 2013

Eventi sentinella, il nuovo Rapporto del ministero

Il documento raccoglie le segnalazioni di eventi avversi che hanno coinvolto i pazienti fino alla fine del 2011. Il più frequente è la morte o il danno a seguito di una caduta. Tra le principali criticità c’è l’inefficace comunicazione tra gli operatori e tra questi e il paziente.
Tra settembre 2005 e la fine del 2011 le strutture del Servizio sanitario nazionale hanno inviato 1.723 segnalazioni di eventi sentinella. È questo l’ultimo dato aggiornato dal Rapporto pubblicato dal ministero della Salute sul finire dello scorso marzo.
Giova ricordare che per “evento sentinella” si intende «un evento avverso, particolarmente grave, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario». Il verificarsi di un solo caso, precisa il ministero, è «condizione sufficiente per dare luogo a un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se vi abbiano contribuito fattori eliminabili o riducibili e per attuare le adeguate misure correttive da parte dell’organizzazione» della struttura in cui l’evento è accaduto.
Sulle 1.723 segnalazioni, precisa il Rapporto (curato dal Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del servizio sanitario nazionale del ministero), sono state 1.442 quelle validate.
Quali. L’evento più segnalato è la “morte o grave danno per caduta del paziente”, con 321 segnalazioni (pari al 22.26% del totale), che ha scavalcato il “suicidio o tentato suicidio di paziente in ospedale” (226 segnalazioni, pari al 15,67%) che nel precedente Rapporto (fino al 31 dicembre 2010) era appunto la prima causa segnalata di evento sentinella. Al terzo posto figura la voce “ogni altro evento avverso che causa morte o grave danno al paziente” (ad esempio, per infezioni correlate alla pratica assistenziale o in seguito all’utilizzo di dispositivi ed apparecchiature oppure per ritardo o errore di diagnosi) con 207 segnalazioni, pari al 14,36% sul totale.
Cosa. L’esito più frequente dell’evento segnalato è stato la morte del paziente: 530 casi, pari al 36,8% del totale. Se si esclude la voce “altro” (312 casi, pari al 21,6%), la conseguenza più frequentemente verificatasi è stato un trauma grave, con 207 casi (14,4%) e, a seguire, un reintervento chirurgico in 149 casi (il 10,3%).
Dove. Per quanto riguarda il luogo dove è avvenuto l’evento, le segnalazioni indicano più frequentemente il reparto di degenza: 554, cioè il 38,4% del totale. Altre 282 segnalazioni (19,6%) indicano la sala operatoria. L’area assistenziale dove più spesso si sono verificati gli eventi segnalati sono la Medicina generale (187, pari al 13%), seguita da Ostetricia e ginecologia (162, pari all’11,2%) e dalla Chirurgia generale (158; 11%); per 169 eventi (11,7%) questa indicazione non è stata data.
Perché. I fattori più frequentemente indicati (754) sono stati quelli raccolti sotto la voce “Cause e fattori legati alle tecnologie sanitarie, farmaci, linee-guida e barriere”, seguiti da “Cause e fattori legati alla comunicazione” (544), “Cause e fattori umani” (448) e “Cause e fattori ambientali” (250). Il totale supera il numero delle segnalazioni poiché, per ogni evento, i fattori determinanti possono essere più di uno.
Le conclusioni. Dall’analisi delle schede di segnalazione e dei fattori contribuenti, sottolinea il Rapporto, emerge «l’estrema criticità di una comunicazione interpersonale che risulta spesso inefficace sia tra gli operatori che tra operatori e pazienti». Perciò, raccomanda il documento, sarebbe opportuno adottare iniziative per migliorare i «processi di comunicazione per la sicurezza e la qualità delle cure». In questa prospettiva, aggiunge, il ministero ha tra l’altro pubblicato sul proprio portale le Linee guida per la comunicazione e gestione dell’evento avverso e sono attualmente disponibili 14 raccomandazioni elaborate sulla base delle criticità emerse e delle migliori esperienze nazionali e internazionali.
Altra criticità emersa è, «nonostante i buoni risultati raggiunti», la sottosegnalazione degli eventi, «evidenziando che le motivazioni culturali e organizzative alla base del fenomeno sono ancora forti e diffuse».

sabato 13 aprile 2013

Radiazione dall'albo in seguito a procedimento disciplinare

Pubblicato il 12/04/2013 da Sergio Fucci

Un medico, sanzionato con la radiazione dall’albo in sede disciplinare, ricorre in cassazione assumendo, tra l’altro, che l’azione disciplinare si è prescritta e che, comunque, la sanzione inflittagli non è stata correttamente irrogata.
La Corte di Cassazione, terza sezione civile. con sentenza n. 4375/13, depositata il 21/02/2013, respinge l’eccezione di prescrizione in quanto il termine di prescrizione del procedimento disciplinare è stato interrotto dall’avvio del procedimento penale nei confronti dell’incolpato ed è ripreso a decorrere solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale, ma annulla comunque la sentenza impugnata perché la sanzione della radiazione non può essere irrogata automaticamente in conseguenza di una condanna penale.
Afferma, sul punto, la Suprema Corte che la sentenza penale emessa a seguito del cosiddetto patteggiamento vincola il giudice disciplinare solo in relazione alla ricostruzione del fatto storico e della relativa responsabilità del sanitario, mentre compete comunque al giudice disciplinare la delibazione della congruità della sanzione disciplinare da irrogare nel caso di specie alla luce dell’illecito accertato.
Da quanto precede consegue la disapplicazione della norma amministrativa di cui all’art. 42 del DPR n. 221 del 1950 che prevede l’istituto della radiazione di diritto dall’albo del sanitario che ha commesso i gravi reati ivi indicati venendo poi condannato in sede penale.
Questo istituto, ingiustamente applicato in sede disciplinare, è infatti illegittimo perché lede il principio di proporzione, in base al quale occorre sempre adeguare la sanzione disciplinare al caso concreto e cioè al tipo di comportamento costituente illecito disciplinare contestato all’incolpato.
La sentenza impugnata è stata, quindi, cassata e gli atti sono stati trasmessi alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie per un riesame della vicenda alla luce del principio di diritto affermato dalla Suprema Corte.