giovedì 30 luglio 2015

Competenze avanzate degli infermieri: ecco il modello dell'IPASVI

Di Barbara Mangiacavalli
Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi

Le competenze avanzate degli infermieri rappresentano il normale sviluppo di una professione che, nei fatti, ha già compiuto in moltissime realtà sul territorio nazionale i passi indicati nell’accordo Stato-Regioni la cui bozza è stata approvata dalla Commissione salute delle Regioni fin dall’inizio del 2013 e che giace nei cassetti del ministero della Salute, nonostante le sollecitazioni degli assessori perché sia messo all’ordine del giorno delle Conferenze.
A suo tempo l’accordo è stato congelato perché si è avanzata l’ipotesi che per essere reso attuabile avesse bisogno di una norma che lo prevedesse e il comma 566 della legge di stabilità 2015 altro non è se non quella norma.
Ancora qualche ostacolo da superare certo, ma questa volta anche i sindacati camminano con noi e negli ultimi tempi hanno preso una posizione forte a difesa delle tappe conquistate, dichiarandosi pronti a intervenire per promuovere la realizzazione di una diversa organizzazione del lavoro impostata sul riconoscimento del merito e delle diverse responsabilità.
A tutto questo ciò che serve è un modello che illustri come e dove la nuova figura dell’infermiere si andrà a posizionare.
Per questo la Federazione Ipasvi ha presentato a luglio il suo progetto, elaborato da un gruppo di infermieri esperti coordinati da Annalisa Silvestro, che si richiama al Patto per la salute e ai contenuti della bozza di accordo tra Governo e Regioni sulle competenze specialistiche dell’infermiere.
Nel modello sono posizionati su due assi – clinico e gestionale - i livelli di competenza che l’infermiere acquisisce attraverso specifici percorsi formativi.
Il primo livello corrisponde all’infermiere generalista, “cuore” del sistema, in possesso di laurea triennale, che rappresenta, in ogni caso, la matrice “core” della competenza da cui originano i successivi livelli di approfondimento o di espansione.
C’è poi l’infermiere con perfezionamento clinico o gestionale, che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di sviluppare le sue competenze avanzate applicate a un'area tecnico operativa molto specifica.
Il terzo livello è quello dell’infermiere esperto clinico o coordinatore con master, formato con un master universitario di primo livello, in grado di approfondire le sue competenze in un settore particolare dell’assistenza infermieristica ed esperto di parti di processo assistenziale, di peculiari pratiche assistenziali settoriali o con capacità di governo dei processi organizzativi e di risorse in unità organizzative.
Infine, al quarto e più avanzato livello c’è l’infermiere specialista con laurea magistrale, formato con laurea magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento clinico o gestionale/formativo.
I nuovi modelli formativi corrispondono a un approfondimento delle competenze cliniche e gestionali, realizzato grazie a una formazione adeguata, di irrobustimento e specializzazione delle conoscenze e delle capacità assistenziali dell’infermiere in un determinato settore gestionale o in un’area clinica, in relazione ai bisogni di assistenza infermieristica, all’erogazione e valutazione di prestazioni e risultati e al governo dei processi assistenziali specifici. Dal punto di vista della gestione è prevista un’espansione delle competenze attraverso un processo che parte da quelle “disciplinari” e va verso conoscenze e capacità proprie del governo delle risorse e processi organizzativi.
Le specializzazioni infermieristiche insomma prendono corpo e pretendono l’approfondimento disciplinare del processo di assistenza e successivamente disegnano le abilità tecniche degli infermieri, abilità da utilizzare nei processi di assistenza su tutto il territorio nazionale.
L’infermiere vuole lavorare in squadra con paradigmi professionali, relazionali e organizzativi diversi dagli attuali e vuole ragionare su ciò che serve agli assistiti e alla sostenibilità del Ssn. E questo da ora in poi deve essere ben chiaro a tutti. Tutto, senza false strumentalizzazioni o vecchie sottomissioni a situazione che ormai appartengono al passato remoto.
E’ di tutta evidenza, infatti, che nella quotidianità professionale i colleghi “spendono” le competenze acquisite in maniera autonoma e volontaristica, dentro il sistema salute che, oggettivamente, ne sta beneficiando.
Pensiamo ai colleghi esperti in wound care, in gestione delle stomie, in gestione dei picc, ai colleghi con master in area critica o assistenza territoriale o case manager: tutti esempi di attività “specialistica” che fino a quando si esercita senza visibilità “organizzativa” e senza riconoscimento formale, non è mai ostacolata, anzi, è ricercata. Quando si chiede il riconoscimento formale, giuridico ed economico, la strada diventa impervia e quasi impossibile.
In questo senso, l’attività del Comitato centrale è orientata a costruire rete, snodi e connessioni affinché le competenze specialistiche degli infermieri entrino a regime nel sistema salute.
In particolare, lavoreremo sulle questioni legate alla responsabilità professionale: come questa si connota nelle competenze specialistiche e come queste impattano sugli eventuali profili di colpa e di responsabilità, affinché i nostri professionisti possano “stare dentro il sistema” in maniera sicura e appropriata, per loro e per i nostri cittadini. Barbara Mangiacavalli, Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi

mercoledì 8 luglio 2015

Infermieri e obbligo di iscrizione all'albo

30/06/2015 - Con l'archiviazione del Gip di Tivoli della richiesta di ipotesi di esercizio abusivo della professione per 100 infermieri dipendenti non iscritti ai Collegi ai è riacceso in questi giorni il dibattito sull’obbligatorietà dell’iscrizione dei pubblici dipendenti agli albi professionali. Ecco perché c'è l'obbligo
Si è riacceso in questi giorni l'annoso e trito dibattito sull’obbligatorietà dell’iscrizione dei pubblici dipendenti agli albi professionali. Causa scatenante, la pronuncia del Giudice per le indagini preliminari di Tivoli, che ha accolto la richiesta di archiviazione del Pubblico ministero per quanto riguarda l'ipotesi di reato di esercizio abusivo della professione per 100 infermieri di una Asl romana che a seguito di una indagine dei Nas non risultavano iscritti ad alcun Collegio.
La decisione di archiviazione - che non ha prodotto nessuna sentenza e rende quindi impossibile intervenire ulteriormente - si basa sulla più volte utilizzata distorsione interpretativa della legge 43/06 in quanto si richiama al fatto che il Governo non ha mai provveduto a dare corso alla delega conferitagli dalla stessa legge (art.4) per trasformare i Collegi in Ordini.
La legge 43/06 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie e infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali” non subordina affatto l’obbligo di iscrizione all’albo professionale all’esercizio della delega al Governo per la trasformazione dei Collegi in Ordini.
L’estensione dell’obbligo di iscrizione ai pubblici dipendenti, infatti, è scritto al comma 3 dell’articolo 2 della legge 43/06 ove sono previsti i requisiti per l’esercizio della professione e non nell’articolo 4 ove è prevista la delega al Governo per la trasformazione dei Collegi in ordini, scaduta senza che vi sia stato dato corso.

L'art. 4 della legge 43/06 è quindi l'unica parte della legge inapplicabile.
In tal modo si è espresso anche nel 2014 l’allora sottosegretario alla Salute Paolo Fadda che rispondendo a un’interrogazione sulla sentenza della Corte di Cassazione 6491/2009 circa l’eventuale non obbligatorietà di iscrizione agli albi per i dipendenti, ha spiegato che “la recente legge n. 43 del 2006, al comma 3 dell'articolo 2, prevede l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale per gli esercenti le professioni sanitarie, estesa anche ai pubblici dipendenti, quale requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere senza condizioni l'attività sanitaria sia come libero professionista sia nell'ambito del rapporto di servizio in regime di lavoratore dipendente. Pertanto permane valido, allo stato attuale, quanto previsto dalla citata legge n. 43 del 2006. Per quanto attiene alla operatività della stessa legge n. 43 del 2006 e, di conseguenza, alla possibilità di attuazione dei principi ivi contenuti, si osserva che soltanto l'articolo 4, concernente la concessione della delega al Governo per l'istituzione degli ordini e degli albi professionali, risulta essere inapplicabile, in quanto il termine temporale per la presentazione del relativo decreto legislativo è scaduto. I restanti articoli della legge n. 43 del 2006, e quindi anche l'articolo 1, sono vigenti”.

Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali in una nota, inviata alla Federazione Ipasvi nel gennaio 2009 aveva già sottolineato che: “alla luce di quanto previsto dal dettato normativo della legge 1° febbraio 2006, n. 43, l’obbligatorietà dell’iscrizione all’albo professionale sancita dall’art. 2 gennaio comma 3, estesa anche ai pubblici dipendenti, è requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere senza condizioni l’attività sanitaria sia come libero professionista, sia nell’ambito del rapporto di servizio in regime di lavoratore dipendente”.

E ancora in tal senso si era espressa fin dal 2002 (ancor prima della legge 43/2006, quindi), la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, affermando che “ nel vigente ordinamento l’esercizio di una professione sanitaria, quale è anche, e senza ombra di dubbio alcuno, quella dell’infermiere, presuppone l’iscrizione al rispettivo (Albo o Collegio professionale), competente per territorio; e questo sia come libera professione che come lavoro dipendente nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (decisione C.C.E.P.S. n. 178/2001). In via specifica, si richiama altresì quanto previsto per i professionisti sanitari dipendenti dal S.S.N. all’art. 1, comma 2, del D.P.R. n. 761/1979, in combinato disposto con l’allegato 1- ruolo sanitario - tabella I - personale infermieristico”. Vi è, poi, il D.M. del Ministero della Sanità n. 739/1994, che all’art. 1 recita “E’ individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo: l’infermiere è operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo è responsabile della assistenza generale infermieristica”. Da ultimo, si veda anche il D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220, con cui è stato approvato il “Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del S.S.N.”, che all’art. 2, lett. d), fissa come requisito generale di ammissione ai concorsi ”… l’iscrizione all’albo professionale, ove richiesto per l’esercizio professionale”. Alla luce di tale normativa la Commissione Centrale ravvisa l’obbligo del ricorrente di iscrizione al Collegio professionale, in costanza di attività infermieristica sia essa libero professionale che alle dipendenze di un'Azienda Ospedaliera. (decisione n. 84 del 13 dicembre 2002)”.
Con la distorsione interpretativa e l'archiviazione viene raggiunto l'obiettivo di evitare il licenziamento dei 100 infermieri per esercizio abusivo della professione.
Non merita commentare la costante strumentalizzazione che alcuni mettono in atto ogni qual volta viene trattato il tema iscrizione a uno degli Albi tenuti dai Collegi Ipasvi; iscrizione che è un obbligo giuridico - oltre che deontologico - che non può essere disatteso in quanto definito e normato per poter esercitare la professione infermieristica.
Fonte Collegio IPASVI